Il Vecchio Pescatore
Il Vecchio Pescatore
Il Vecchio Pescatore
C’era una volta un uomo solitario e burbero che viveva lontano da tutti e dal suo villaggio, per non essere disturbato dagli abitanti.
Questo uomo, dall’aspetto gracile e dal viso segnato dal tempo, come se le sue rughe, all’apparenza tanto visibili, fossero state scolpite, sembrava che il tempo, al suo passaggio, avesse inaridito il suo volto.
Burbero e vecchio, forse indispettito dalla vita, non amava nessuno; preferiva la solitudine. Arrabbiato con il mondo, quel mondo al quale lui apparteneva, preferiva pescare dove aveva costruito la sua casa, lassù fra valli e montagne, vicino a un laghetto nella quiete della natura, dove nel silenzio si sentiva solo l’eco del suo borbottio.
Ma un giorno accadde qualcosa di inaspettato e insolito, cambiando la vita di quell’uomo e il suo destino.
La natura aveva deciso di dare una lezione a quel vecchio burbero! Quel giorno, di buon mattino, dopo aver bevuto una buona tazza di caffè, prese la sua canna da pesca e si diresse verso il lago: si sedette e cominciò la sua pesca. Borbottando, il suo borbottio faceva eco sul pelo dell’acqua, risuonando qua e là come un alfabeto Morse.
Lamentandosi, insoddisfatto dei pesci che aveva preso, il tempo passava, e il tramonto stava per arrivare. Lui decise ugualmente di fare un ultimo tentativo, anche se la sua pesca era stata già proficua.
Gettò la sua lenza e subito abboccò uno strano pesce che aveva qualcosa di diverso: sopra a quel pesce c’era una scritta, come un enigma, che diceva: “Attento alle tue branchie!”
Il vecchio burbero non se ne preoccupò. Come al solito, non diede importanza e, rigettando il pesce nel lago, se ne tornò a casa con il suo bottino.
L’indomani, di buon mattino, ritornò al lago, sempre con il suo borbottio incessante. Si mise a pescare, ma questa volta non pescò nulla. Aspettò fino a che non fece buio. L’ultimo tocco della sua canna da pesca segnò il momento di ritornare a casa, ma questa volta a mani vuote.
Il giorno successivo tornò al lago, gettò ancora la sua lenza e, come per magia, abboccò un pesce: quel pesce che il giorno prima aveva rigettato nel lago. Questa volta, però, rimase perplesso e serio.
Sopra a quel pesce, ancora una volta, c’era una scritta. Il messaggio diceva: “Ora i tuoi occhi vedranno le tue pinne!”. Rigettò nel lago il pesce, serio e pensoso, e ritornò a casa. Quella notte fece un sogno agitato: sognò di essere un pesce, con pinne e branchie. Si risvegliò di soprassalto, dicendosi che era stato solo un brutto sogno, e si rimise a dormire.
L’indomani, al suo risveglio, accadde qualcosa: non riuscì a muoversi, come fosse immobilizzato. Tolse la sua coperta e rimase scioccato: le sue gambe erano diventate delle pinne. Pianse, sconvolto, chiedendo scusa per il suo comportamento.
Si diresse con fatica, trascinandosi verso il lago. Si mise vicino alla riva, come se aspettasse qualcosa, con il corpo e le sue pinne immerse nell’acqua. Chiedendo scusa, le sue scuse erano sincere. La sua anima si era aperta, libera. Attese con pazienza, ma non successe nulla: il pesce questa volta non arrivò.
Il vecchio tornò a casa disperato e piangente. Si disse tra sé che aveva capito la lezione, addormentandosi con le lacrime agli occhi. Ma questa volta il suo sonno era calmo e tranquillo, una pace che non aveva mai provato. Al risveglio, cercando di alzarsi, ritrovò le sue gambe.
Era talmente felice che la prima cosa che fece fu ritornare al lago, ringraziando per aver avuto una seconda opportunità, quasi una seconda giovinezza.
Ritornò al paese, ricominciando una nuova vita, aiutando gli abitanti e, ogni qualvolta che ne aveva l’occasione, portando del buon pesce.
Ma non finì lì: da vecchio brontolone che era stato, divenne il buon vecchio, raccontando storie ai bambini. La storia che tutti preferivano era quella di un vecchio pescatore brontolone.
MT